Comprensione del numero

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Secondo Piaget il concetto di numero si fonda su quelli di classificazione e seriazione, per cui se questi concetti non si sono ancora formati il bambino non ha gli strumenti per comprendere il significato del numero. Ma oggi sappiamo che il concetto di numero dei bambini che arrivano alla scuola dell’infanzia è in realtà una combinazione di idee innate e di fatti culturali e che risulta fondamentale il ruolo svolto dal linguaggio. L’insegnante deve quindi proporre attività di conteggio in contesti significativi per l’alunno, prestando attenzione all’interazione tra pari, in modo che l’uso del linguaggio matematico e delle notazioni simboliche sia sempre fortemente motivato.

Per introdurre il discorso sul conteggio non si può non fare riferimento al modello proposto da R. Gelman e C. R. Gallistel (1978) secondo cui i bambini piccoli (in età prescolare) possiedono un concetto innato di numero, che si evolve nell’acquisizione delle procedure di calcolo. Però, a differenza degli adulti, i bambini piccoli non possono fare ragionamenti numerici senza fare riferimento alla rappresentazione di quantità specifiche (piccole) e ottengono queste rappresentazioni mediante il conteggio.

Un’idea importante che proviene dalle ricerche di Gelman & Gallistel, che ci permette di differenziare ulteriormente il concetto di numero dei bambini dal concetto adulto, è questa: i bambini piccoli contano anche se non usano i nomi di numero convenzionali o la convenzionale sequenza di conteggio. Se la filastrocca dei numeri non è quella convenzionale ma è accompagnata dai gesti corretti, il bambino sta effettivamente contando. Occorre però che questa sequenza sia usata sempre nello stesso modo cioè sia stabile, come vedremo tra poco. In questo senso le conte infantili utilizzate per decidere i turni di gioco sono modi di contare esattamente come quelli con i numeri.

Secondo Gelman & Gallistel l’abilità del contare è governata da 5 principi fondamentali che ora esporremo brevemente.

Il primo principio è il ‘principio uno-uno’ cioè ‘ogni oggetto di una serie deve essere segnato con etichette distinte’. Per dimostrare di possedere questo principio il bambino deve saper coordinare due processi: suddividere gli oggetti fra quelli contati e quelli da contare e etichettare gli oggetti man mano che li conta. Quali sono i possibili errori? Etichettare un elemento più di una volta o saltarne uno, usare la stessa etichetta più di una volta oppure non coordinare i due processi.

Il secondo principio è il ‘principio dell’ordine stabile’ per cui ‘i contrassegni che si usano devono essere scelti o sistemati in un ordine ripetibile’. Quali difficoltà può avere un bambino molto piccolo nell’usare questo principio? Potrebbe scegliere una serie di contrassegni non abbastanza lunga rispetto a quanto richiesto dagli elementi della serie da contare oppure potrebbe non ricordare una lista lunga e stabile di nomi arbitrari come quelli dei numeri. Per facilitare la memorizzazione, i numerali comunemente usati hanno una regola generativa per cui diventa automatico ricordare che dopo venti viene vent-uno poi venti-due, dopo trenta viene trent-uno trenta-due ecc. I numeri da dieci a venti, che non seguono del tutto la regola, sono infatti i più difficili da memorizzare: undici = uno e dieci, dodici = due e dieci, tredici = tre e dieci… ma poi diciassette = dieci e sette e così via. La parola “venti” non ci ricorda sicuramente il numero due, per dire due decine sembra molto più adeguata la parola dodici che può far venire in mente “due dieci”.

Il terzo principio è il ‘principio della cardinalità’ secondo cui ‘l’etichetta finale di una serie ha un significato speciale e cioè rappresenta la proprietà numerica dell’insieme, il nome formale è il cardinale dell’insieme. Secondo Gelman & Gallistel un bambino che conta e, alla fine della conta, ripete l’ultimo numero (ad esempio se dice: uno due tre … tre), possiede questo principio, perché la ripetizione dell’ultimo nome di numero è un indice del fatto che a quel numero viene attribuito un ruolo diverso. Consideriamo questi due comandi: “Prendi tanti oggetti quanti ne vedi in questa collezione” e “Prendi 8 oggetti”. Mentre con il primo si chiede di confrontare un insieme con un altro facendo un’operazione di corrispondenza uno a uno per cui il bambino non deve necessariamente conoscere il cardinale dell’insieme di partenza, il secondo richiede sicuramente l’uso del principio di cardinalità perché il bambino deve prima contare otto oggetti e poi prenderli tutti e otto, cioè deve sapere che la parola otto indica la numerosità di tutto l’insieme che ha contato.

Il quarto principio è il ‘principio di astrazione’ e ci dice che i principi precedenti possono essere applicati ad ogni serie o collezione di entità. Questo significa che tutto ciò che si può in qualche modo separare, discretizzare, può essere contato.

Il quinto principio è il ‘principio di irrilevanza dell’ordine’ cioè ‘non importa da che elemento comincia il conteggio tanto il risultato non cambia’. In altre parole il bambino deve prendere coscienza dell’arbitrarietà della procedura di conteggio. Questo non è affatto scontato per bambini molto piccoli perché essi potrebbero tendere ad attribuire il numerale ad un oggetto specifico.

Negli anni successivi agli studi di Gelman & Gallistel molti altri ricercatori hanno ulteriormente approfondito il problema di come nei bambini si viene formando il concetto di numero attraverso il conteggio e molte di queste ricerche si possono reperire nella letteratura.

Nel nostro gruppo di ricerca, per alcuni aspetti, facciamo riferimento alle idee esposte da J. Briand, nella sua tesi di dottorato. Contando sovente i bambini sbagliano ma, come osserva Briand, non sempre i loro errori sono da attribuire alla mancanza di qualche principio di conteggio. Molto spesso gli errori dipendono dal fatto che certe abilità che sottostanno al contare non sono oggetto di insegnamento. Prima di contare il bambino deve innanzitutto concepire la collezione non come un oggetto materiale, ma come modo di pensare degli oggetti, e, in secondo luogo, deve organizzare la collezione, cioè trovare una strategia per esplorarla. Quindi il conteggio non deve partire immediatamente. Allineare, raggruppare, separare, organizzare su righe e colonne gli elementi di una collezione, etichettare gli elementi a mano a mano che si contano, sono abilità che possono essere insegnate se un bambino dimostra di non padroneggiarle. Ad esempio non tutti i bambini fanno uso spontaneamente di segnature, quindi compito dell’insegnante è rinforzare l’uso di segnature personali per separare gli elementi contati da quelli da contare e contemporaneamente far esplicitare e condividere nel gruppo classe le diverse strategie per arrivare a definire quella più veloce e più sicura.

Ricerche più recenti che fanno riferimento alla teoria dell’embodiment riguardano la funzione del gesto nel contare. L’uso del gesto, fortemente integrato con il parlato, riduce il carico cognitivo che gli alunni devono sopportare per ricordare la sequenza dei numeri e coordinare i movimenti con le parole. Il gesto rende molto evidente la segmentazione e aiuta i bambini nel collegare i nomi dei numeri agli oggetti, quindi l’accuratezza del conteggio aumenta quando gli oggetti vengono materialmente toccati. La gestualità può anche ridurre gli effetti negativi dovuti alla limitatezza della memoria di lavoro dei bambini piccoli: se una parte della memoria di lavoro viene esternalizzata mediante i gesti, rimangono più risorse disponibili per le operazioni richieste dal principio uno-a-uno.

——Bibliografia——
Gelman, R., Gallistel, C. R. (1978): The Child’s Understanding of Number, Harvard University Press
Steffe, L.P.  et al. (1983): Children Counting Types, Praeger Publishers
Fuson, K.C. (1988): Children’s Counting and Concepts of Number, Springer-Verlag
Briand, J. (1993): L’énumération dans le dénombrement des collections: un dysfonctionnement de la transposition didactique, Thèse de doctorat de l’Université de Bordeaux I, Directeur de Thèse: M. Guy Brousseau
Alibali, M. W., Di Russo, A. A. (1999): The function of gesture in learning to count: more than keeping track, Cognitive Development, 14, 37-56
Lucangeli, D., Tressoldi, P. E. (2002): Lo sviluppo della conoscenza numerica: alle origini del “capire i numeri”, Giornale Italiano di Psicologia a.XXIX, n.4, dicembre
Sarnecka, B. at al., (2005): Unpacking the Cardinal Principle of Counting: A Last Word role + the Successor Function, Traduzione di D. Merlo
Sarnecka, B. at al., (2008): How counting represents number: What children must learn and when they learn it, Cognition 108 (2008) 662–674