Un saluto ad Anna Maria Mitri

5 giugno 2025

Incontrare Anna Maria era come bagnarsi in acque limpide perché questa era la sensazione che arrivava dai suoi occhi azzurri mobili, mediterranei e sorridenti e liquidi di trasparenza.
Pur essendo una veterana del Movimento di Cooperazione educativa non incuteva alcuna soggezione; una donna che aveva fatto dello studio e della scuola i suoi punti fermi. Capisaldi centrali ma attorno gravitava una galassia di interessi e di relazioni tra le più varie che teneva con scioltezza addolcita dal dialetto triestino. Amava la sua Trieste come se ne traesse respiro dai suoi elementi fondamentali; il mare a valle, il Carso petroso alle spalle. La vicenda intricata dei confini faceva parte della sua famiglia e quando raccontava le storie di bettola dei triestini le mescolava a quelle degli slavi; non era e non è una questione di razza ma un tema sociale; chi ha e chi non ha. L’infinitudine dell’orizzonte marino con i suoi tramonti rivolti a Barcola con le sue vele ancorate lasciavano supporre la storia di un impero fantasticato scioltosi dopo il massacro della prima guerra mondiale. Pietre di pesanti eventi. Proprio per questo Anna Maria era attaccata a quella terra generosa; nel ‘900 una città marinaresca divenne una caserma sparsa sulle asperità delle sue terre. Anna Maria scendeva le scalette dalle quali accedeva al mare fosse anche per un’oretta. Tutto poteva aggiustarsi semplificando le cose, puntando all’essenziale, dando fiducia ed autonomia a partire dalla numerosa famiglia di quattro figli, mescolando le chiacchiere per verificare che ovunque e per chiunque c’era qualcosa da caricare sulle spalle. Tanto valeva lasciar spazio alle piccole soddisfazioni e dar spazio al mescolarsi con figli e con quelli del vicinato per una chiacchiera o un “tocio” ossia un bagno veloce.
Attraverso Giuditta Donini, allora referente del gruppo triestino Mce-Bosco Marina, conosce il Movimento di Cooperazione Educativa e la pedagogia Freinet con le sue implicazioni sociali e politiche. La scuola postfascista era ancora fortemente imbalsamata e gerarchica. Un abito troppo stretto per l’esuberanza di Anna Maria.
Per la prima volta, a Greve in Chianti (Toscana), sente parlare di una scuola su misura di alunni/e; e si avvicina; coltiva gli interessi pedagogici ma è appassionata di letteratura .
Negli anni successivi si accosta all’astronomia ma senza approfondirne le conoscenze scientifico/matematiche. Spazia tra lettura del cielo e mitologia e ci lavora con la classi essendo di casa all’osservatorio astronomico.
Attenta lettrice di libri di ogni tipo, coglie i valori esistenziali espressi dalla scrittura, le biografie e la profondità dei retroscena del farsi del racconto nelle sue strutture narrative che sono delle vere e proprie impalcature. Tempi, spazi ed intrecci sono oggetti di studio minuzioso. Negli anni ’80 uno dei gruppi nazionali che lavorano più assiduamente e si ramifica in mille rivoli è il gruppo lingua.
C’è chi lavora con i tranelli della lingua e la disposizione delle parole nella frase, i cambiamenti di senso che ne conseguono (Bepi Malfermoni (con l’allora elementare) , chi lavora alla grammatica generativa con contatti con Parisi e la scopistica il cui nome suscitava sempre sorrisi.., chi lavora alla varietà dei generi narrativi a partire dalla fiaba montando e smontando testi, cambiando finali , spinti anche dal giocoliere Rodari che ci aveva messi sulla buona strada, più difficile di quanto apparisse. C’era chi, come Anna Maria, lavorava con docenti delle superiori prevalentemente sulle strutture del racconto (Genette e tutta la scuola francese). Altra famiglia era incantata dal linguaggio poetico ed alla natura della metafora. (Ricoeur e Black) . Chi ci diceva che eravamo ferme alla stele di Rosetta perché il Commodore si sarebbe presto pappato tutto a partire dalla progettazione di percorsi e di logiche linguistiche che combinavano spazio, tempo, manualità, intervento della macchina. Ricordate la piccola tartaruga? Sta di fatto che fare i calendari e far conciliare treni del sud e del nord non fu impresa facile. Niente telefonini a volte qualcuna aspettava a termini verso via Marsala ed altre dall’altro versante.
Per tornare ai Commodore che iniziarono a varcare le soglie delle scuole, Anna Maria non si curava di queste scatole e continuò piuttosto a seguire la vecchia via del patrimonio dei dialetti parallelamente a quanto Calvino stava facendo con le fiabe; altra fucina di lavoro che per un periodo si servì della consulenza di Tullio De Mauro, futuro ministro della Pubblica Istruzione.
(Sic erat nomen)
Nel 1985 tenemmo un popolatissimo convegno di linguistica a Verona. Io allora ero innamorata di Luzi e tenni un laboratorio sulle metafore presenti in alcune poesie del mio autore preferito del momento. (Sulla riva tratta da “onore del vero”- Neri Pozza 1957) Anna Maria lavora sulla testualità. Torna al lavoro e si rimette a studiare laureandosi con una tesi su Wittgenstein. Nel mentre è diventata direttrice didattica. Ma di essere triestina non si scorda affatto nel corso del tempo e scrive tre commedie in dialetto che vengono recitate al Teatro Basaglia di Trieste; successo di pubblico e divertimento suo sull’ironia sulle figure un po’ pretenziose dei triestini ben pensanti. Animatrice sociale lavora con l’Amministrazione per il piano mense ed i tempi pieni.
Quando ci incontravamo il suo ritornello fisso e dolente era sempre il medesimo; come poteva la scuola essere rotolata così in basso, come questa stregoneria ha potuto agire spogliandola della vitalità che riusciva a trasmettere nel sociale e nel territorio ed in primis tra alunne ed alunni? Non avevo molte risposte. Meno ancora ne ho oggi se non un’amarezza che mi corrode ogni volta che amiche ed amici se ne vanno. Per questo sento che è un mio dovere etico, esserci, scrivere, accompagnarle/i. Alla sua domanda mordente preferivo fare una piroetta e ricordare quando, in una comune vacanza ci inoltrammo, in Sardegna, verso Orgosolo nel tardo pomeriggio pensando ad un breve cammino da Oristano. Il sole scendeva più in fretta di quanto immaginassimo tra i monti barbaricini. Avevamo goduto della vegetazione selvaggia e commentammo con ironia cosa ci facessero due donne in Renault rossa in giro per la Barbagia sul far della sera; inventammo storie e ce le raccontammo lungo i tornanti. O, quando per fotografare gli aironi, ci inoltrammo nelle saline di Cabras sollevando una polvere sottile come borotalco simile ad un vortice nel deserto.
Mai stanca;
Anna Maria è stata traduttrice delle opere di Paul Le Bohec dal francese all’ italiano. Nel suo periodo di presenza nella Redazione delle pubblicazioni del Movimento di Cooperazione educativa; si è interessata alla matematica e all’apprendimento della lettura e scrittura secondo “il metodo naturale”.
Da pensionata, è diventata guida al Planetario di Trieste ed accoglieva le classi in visita ad osservare la volta celeste, in collaborazione con Paola Rodari ed il personale addetto. Ha tradotto, curato e collaborato alla pubblicazione delle seguenti opere delle collane del Movimento di Cooperazione educativa: “Pensare, parlare e scrivere” “Raccontare” , “Tra il dire e il fare”, “I luoghi della parola” , “Attraverso le parole” ed. Nuova Italia. Negli ultimi anni si è lasciata ammaliare dalla scultura con la creta realizzando opere che facevano capolino dal suo bel giardino. Ha partecipato a concorsi proprio sulla coltivazione delle rose ; di tutto ciò si è nutrita Anna Maria perché serve il pane e servono le rose. Ci separavano una dozzina abbondante di anni ma eravamo due impenitenti intellettuali monelle.

Grazie di tutto Anna Maria , sicuro che mi mancherai.

da Maria Teresa Roda

8 giugno 2025

È difficile per me trovare parole adeguate per ricordare Annamaria Mitri, una maestra da cui ho tanto imparato, senza sentirmi vicino il suo sguardo affettuosamente ironico (e autoironico) con cui stemperava ogni eccesso, smontava in modo divertito e divertente ogni enfasi, incoraggiava a non fermarsi ai risultati raggiunti e ad andare avanti, sia nella ricerca e nello studio che nell’elaborazione di proposte didattiche significative. Maestra e poi direttrice didattica a Trieste, si riconosceva nelle implicazioni politiche e sociali della pedagogia Freinet: erano l’aggancio che, nel MCE, sosteneva la sua ricerca instancabile e la sua curiosità contagiosa soprattutto nell’ambito della lingua, spaziando in diversi campi: la pedagogia della narrazione, le strutture narrative, il mito e le fiabe tradizionali, la poesia e la metafora, la testualità, la comprensione del testo, il parlato dei bambini/e, i i dialetti, le ricerche di Wittengstein, la struttura della frase e le ricerche di Domenico Parisi, il metodo naturale e le proposte di Paul Le Bohec, i giochi linguistici … Dagli anni Ottanta in poi ha curato e arricchito con contributi quasi tutte le numerose pubblicazioni del Gruppo lingua per più di due decenni (per La Nuova Italia: Pensare parlare scrivere, Raccontare, Tra il dire e il fare, I luoghi della parola, Attraverso le parole, Dialoghi a distanza; per Junior: Il metodo naturale), ha animato stages e laboratori. Il Movimento le deve molto. Non volermene, Annamaria, se aggiungo che forse il Gruppo Lingua ha ritrovato la sua attuale vitalità anche grazie al tuo contributo.

Grazie! Nerina Vretenar