Eva. Mai un nome ha calzato meglio su una donna come Eva Zambonati (Movimento di
cooperazione educativa – Ferrara) . Cadeva a pennello come il suo essere antica e nuova come la
creta che amava più di una sorella amica. Sapeva prendere anzitutto lei come persona, qualsiasi
forma e lo faceva per incontrare chi le stava di fronte. Nel mezzo tra queste alterità c’era la terra,
materiale primordiale che a tutto dà l’impronta. Nei suoi occhi incavati pareva si fossero
appoggiate migliaia e migliaia di immagini venute da ogni manufatto di ogni civiltà vicina o
lontana. Raccontava pacatamente e senza mai menar vanto che tutti i segreti del vivere stavano lì
in quei reperti di cultura materiale e, per questo i bambini dovevano essere lasciati pasticciare fin
da subito e poi avviati a manipolare e creare. Una fase indispensabile alla formulazione del
pensiero, della formulazione delle immagini mentali e della conoscenza guidata dalla creatività.
Era normale in questo “tâtonnement”, passare dalla pittura astratta o figurativa alla creazione del
bozzetto.
Magari, durante i laboratori di noi adult, alla fine della sudata produzione ci facevamo convinte che il manufatto un po’ ci somigliava. Era forse il residuo di una fantasmagoria biblica. Lei, Eva. non metteva mai mano, guardava e chiedeva a noi a che cosa volessimo dar vita. E questa operazione giocosa era una continua scoperta di come i materiali rispondessero diversamente ed interpellassero le mani in modo multiforme. La schiacciata del palmo o l’arrotolamento, l’appallottolare, i piccoli movimenti di pollice ed indice a modellare, a dare forme più piccole e sottili. A volte scoprivamo che erano state fasi dell’infanzia a cui non eravamo stati familiarizzati, un buco. Altre suscitavano antiche memorie degli gnocchi fatti in casa a serpentello. Da questo alla didattica il passo è breve ma non facile. Questi “pasticci” vanno accompagnati, devono schiudersi alla parola ed alla composizione del pensiero alla formulazione della prima concettualità spaziale e delle forme, volumi, ombre. Non è raro incontrare bambin che hanno un pessimo rapporto con i
materiali o temono che siano “sudici”. Su questo Eva accompagnava piccoli e noi adult* con
passione, ci toglieva la paura di essere “inchiodat” schiavi del pensiero teorico che si esprime solo con il lungo parlare. Noi MCE eravamo poi accompagnati in altri viaggi di discipline parallele, in primis la storia e poi l’antropologia. Scoprivamo non solo la maggior consapevolezza dell’origine di utensileria ed arte ma che le discipline si mescolano e che i vasi ci parlano per lo meno quanto l’Iliade e l’Odissea. Eva era un intruglio di tutto ciò che per altro andava spiegando oltre che come insegnante, come ricercatrice e guida del Museo della Ceramica di Faenza dove accompagnai più di una classe a vedere le splendide decorazioni della ceramica faentina. Oggi siamo di fronte alla perdita di qualsiasi lanterna che dia un po’ di chiarore , tra questi destri fantasmi della notte , al cammino di una scuola non così palesemente stridente con i tempi che viviamo. Alcuni docenti di generazioni più recenti delle mia, riconoscono al Mce il merito di aver messo fino agli anni ‘90 le carte sul tavolo della didattica e delle istituzioni e, fortunatamente ne scrivono. Ma se molto di questo è avvenuto per mani e teste come quelle di Mario Lodi, di Bruno Ciari di Tamagnini , di Fiorenzo Alfieri e di altri miei maestri, molto è avvenuto anche per tutte le Eve Zambonati che zitte zitte , dalla creta ci portava ai Lidi Di Spina, alla corte degli Estensi, al limo del Po. Necessitiamo di scrivere ancora, chi ci lascia ne sarebbe contento. Per ogni perdita ci segna un dolore ma anche la consapevolezza che quei tempi hanno segnato e lasciato traccia di percorsi di didattica democratica anche se non hanno potuto scalfire con il loro punteruolo l’istituzione, la casamatta , direbbe Gramsci. Per questo nutro sempre un pensiero di gratitudine ma soprattutto, riflettendo sulla mia formazione , mi soffermo sulle eredità e sui molti lasciti che mi sono stati regalati. Tutt
costoro non dormono sulla collina sono tra i nostri banchi , se non tutti, su alcune delle loro viti.
Lucia Boni
PS
https://www.didatticarte.it/Blog/wp-content/uploads/2020/10/quaderni-didattica-museale-1.pdf
Invito a leggere questa bellissima relazione sulla didattica museale (1995) , pagina 19 in cui viene
citato il lavoro di Eva Zambonati
Laboratorio di Ceramica e di Educazione Visiva – Comune di Ferrara