Tullio De Mauro

Un ricordo a cura di Giancarlo Cavinato

Sei anni fa Tullio De Mauro in pochi giorni ci lasciava, increduli e sgomenti perché, fino a qualche giorno prima, ancora si parlava di lavoro e si progettava per il futuro. Del resto, la sua capacità di guardare avanti e di individuare sviluppi nuovi e innovativi sia in ambiti teorici sia applicativi è stato un tratto decisivo della sua personalità intellettuale e scientifica.

L’ampiezza dei suoi interessi e degli ambiti scientifici in cui ha inciso è grande e varia e, sebbene non sia questa la sede per darne conto, è però utile ricordare che i suoi studi in aree diverse (filosofia del linguaggio, storia delle idee linguistiche, storia linguistica, linguistica generale, sociolinguistica, lessicologia e lessicografia, linguistica educativa, educazione linguistica e altre ancora) oltre a produrre opere specialistiche di grande valore, hanno costituito un bagaglio e uno strumentario, se così si può dire, che De Mauro ha saputo rendere attuali anche a fini più esplicitamente applicativi. Basti qui ricordare i suoi contributi e il suo impegno concreto per la semplificazione del linguaggio amministrativo.

Ma la compenetrazione tra saperi teorici e pratici, i quali devono entrambi sottostare ad una rigorosa verifica, De Mauro la attuava prima di tutto nella sua pratica didattica. Molto è stato scritto in questi anni sul suo lascito intellettuale e scientifico, ma non molto sulla sua attività di professore. Eppure, chi ha assistito alle sue lezioni ha potuto realmente vivere la sua capacità di coniugare riflessioni teoriche di alto livello, che andavano da Aristotele a Saussure, con riferimenti alle pratiche della vita quotidiana. Tanto per fare un esempio, se lo riteneva utile, De Mauro non esitava a riferirsi alle pratiche di falegnameria per spiegarci la nozione di sistema linguistico, e penso che parte del fascino delle sue lezioni derivasse proprio da questo andirivieni, per dir coì, tra sacro e profano. Alle studentesse e agli studenti si richiedeva attenzione, ma soprattutto partecipazione perché le lezioni, sempre a braccio e con un professore sempre in movimento in un’aula affollatissima, si dispiegavano in un continuo intreccio di citazioni, spiegazioni, osservazioni, richieste di contributi. E quello che all’inizio sembrava quasi un rompicapo si ricomponeva piano piano in una visione ricca e complessa, ma coerente, del linguaggio, delle lingue e degli usi linguistici. Insomma, De Mauro riusciva a creare quello che oggi si potrebbe chiamare un ambiente di apprendimento accogliente e stimolante insieme, senza sacrificare nulla alla qualità e all’alto livello dei contenuti.

Su questa necessaria comunione tra sapere teorico e sapere pratico De Mauro ha insistito in moltissimi contributi dedicati ll’educazione linguistica e alla formazione degli insegnanti.

In particolare, negli ultimi anni ha più volte auspicato una proficua interrelazione tra tre ambiti di studio, che offrono prospettive parzialmente diverse nel guardare ai fatti di lingua, ma ugualmente preziose per chi insegna:

– la linguistica educativa, che studia le lingue in funzione dell’apprendimento linguistico e del più generale sviluppo delle capacità semiotiche, cognitive e relazionali all’interno e fuori dalla scuola;

– la glottodidattica che studia e propone tecniche e tecnologie di insegnamento linguistico in L1, L2, LS;

– l’educazione linguistica che ha il suo focus nell’apprendimento e sviluppo delle capacità semiotiche e linguistiche nell’uso delle lingue materne, della lingua della scuola e delle L2.

Una brava insegnante o un bravo insegnante sapranno usare tanto meglio e tanto più volentieri nuove tecniche e tecnologie quanto più si sentiranno sicuri e padroni del loro sapere linguistico e metalinguistico. Solo in tal modo sapranno adattare le loro conoscenze a classi sempre diverse, ambienti di apprendimento nuovi, esigenze didattiche spesso imprevedibili. E proprio gli ultimi anni, così difficili, hanno messo in evidenza che certamente la tecnologia è stata importante, ma sono state la competenza e la solidità degli insegnanti che hanno salvato molte situazioni con scarse risorse tecnologiche.

Non ci può essere quindi un adeguato intervento didattico senza uno studio serio, approfondito e aggiornato. Ciò mette in gioco annose questioni sulla formazione in entrata e in servizio che, come sappiamo, sono state affrontate in modo episodico e contraddittorio, e ancora non ricevono una risposta adeguata da chi ci governa. Eppure, a conferma della sua straordinaria capacità intellettuale di capire e progettare il futuro, già nel 1975 nella IX delle Dieci Tesi per un’educazione linguistica democratica, De Mauro individuava in modo esplicito e ancor’oggi attuabile il necessario percorso di formazione che avrebbero dovuto/potuto seguire i futuri insegnanti. La riporto qui per intero, non solo per chi non la ricordasse, ma soprattutto per mantenere viva in tutti noi la consapevolezza di quanto futuro ci resti ancora da compiere che, anche senza la sua guida, Tullio avrebbe sicuramente voluto si realizzasse.

Per un nuovo curriculum per gli insegnanti

La nuova educazione linguistica non è davvero facilona o pigra. Essa, assai più della vecchia, richiede attenzioni e conoscenze sia negli alunni sia negli insegnanti. Questi ultimi in particolare, in vecchie prospettive in cui si trattava di controllare soltanto il grado di imitazione e di capacità ripetitiva di certe norme e regole cristallizzate, potevano contentarsi di una conoscenza sommaria di tali norme (regole ortografiche, regole del libro di grammatica usato dai ragazzi) e di molto (e sempre prezioso) buon senso, che riscattava tanti difetti delle metodologie. Non c’è dubbio che seguire i principi dell’educazione linguistica democratica comporta un salto di qualità e quantità in fatto di conoscenze sul linguaggio e sull’educazione.

In una prospettiva futura e ottimale che preveda la formazione di insegnanti attraverso un curriculum universitario e postuniversitario adeguato alle esigenze di una società democratica, nel bagaglio dei futuri docenti dovranno entrare competenze finora considerate riservate agli specialisti e staccate l’una dall’altra. Si tratterà allora di integrare nella loro complessiva formazione competenze sul linguaggio e le lingue (di ordine teorico, sociologico, psicologico e storico) e competenze sui processi educativi e le tecniche didattiche. L’obiettivo ultimo, per questa parte, è quello di dare agli insegnanti una consapevolezza critica e creativa delle esigenze che la vita scolastica pone e degli strumenti con cui a esse rispondere.