Si può fare… scuola al di fuori della classe

Una scuola comunità

L’orizzonte egocentrico, sotto la spinta socializzante, si amplia: il gruppo diventa comunità, il bambino si scopre persona, soggetto di doveri e di diritti, membro di una società che si amplia nella sua coscienza man mano che va scoprendo la rete di rapporti, e vorrei dire il complesso di valori, su cui la società stessa si regge.”

Così Fiorenzo Alfieri ripensando la sua esperienza di maestro. Come non essere d’accordo? Eppure la realtà delle scuole non sempre consente questa apertura a diritti valori conoscenze incorporate. Queste finalità possono essere assorbite e soddisfatte completamente nel chiuso di una classe? Noi riteniamo indispensabile l’apertura, la dinamica del comporsi e ricomporsi di gruppi diversi: per età, per incarichi, per percorsi. 

Nel convegno di Reggio Emilia del 1976 sulla scuola a tempo pieno Daria Ridolfi scriveva: “Noi vogliamo una scuola piena, articolata, multiforme, capace di accogliere ogni bambino con la sua storia, la sua cultura, i suoi interessi, e di porlo in un rapporto utile e stimolante coi coetanei, con gli insegnanti, con l’ambiente.”

Il gruppo che si è costituito su uno dei 4 passi del MCE, quello sulle classi aperte, si è posto il problema di esemplificare alcune possibili attività. Ad oggi ha proposto attività di laboratorio trasversali: con un laboratorio sulle nuvole e la meteorologia all’assemblea nazionale a marzo  2018, alle giornate di studio a Genova a ottobre 2018, in un corso del gruppo MCE di Udine (G. Cavinato, R. Passoni, R. Fiorillo).

Nel corso sulla piattaforma Moodle del MCE sono stati postati:

* in ‘come iniziare’ (contributi teorici)

  • G. Cavinato, Un laboratorio a classi aperte (Introduzione al passo)
  • G. Cavinato, Classi aperte perché (sulle finalità pedagogiche)
  • T. Battaggia, Il paesaggio educativo del laboratorio di

* in ‘per approfondire’

  • E. Bottero, Per una pedagogia differenziata

 * in ‘esperienze’: 

Esempi di laboratori tematici

  • Laboratorio “Il labirinto” (Gruppo MCE Venezia-Mestre)
  • Proposte per laboratori linguistici sulla lettura (G. Cavinato N. Vretenar ,Gruppo Lingua MCE)
  • Al mercato delle conoscenze (Scuola Primaria Azzolini Mirano VE, attività con classi quinte,)
  • Giochi linguistici (G. Cavinato N. Vretenar, Gruppo Lingua MCE) 
  • L’arcobaleno (T. Flores MCEP Granada, Repertorio di immagini)
  • Laboratorio arte (R. Passoni, Scuola primaria di Giove Terni)
  • Home page (T. Battaggia, classi quarte scuola primaria Virgilio) 
  • Il mondo (G. Cavinato, proposte per un laboratorio) 
  • Le nuvole (repertorio di immagini dal laboratorio di Udine 2019)

L’idea che intendiamo sostenere è la proposta di unità tematiche trasversali che affrontino dal punto di vista di diversi approcci disciplinari aspetti della realtà su cui fare ricerca. Non, quindi, un repertorio o un catalogo di obiettivi come nel caso  delle UDA, che rischiano a volte di  ricalcare  le programmazioni tassonomiche, ma una progettazione in itinere fatta di esperienze basate su interessi e motivazioni e di possibili direzioni di sviluppo. Un tema, un aspetto della realtà, può essere affrontato secondo diverse angolature (‘teatri cognitivi’) e con diversi materiali e strumenti a disposizione: leggendone gli aspetti letterari, artistici, musicali, matematici, scientifici, tecnologici, attraverso il coinvolgimento di tutti i sensi, delle emozioni, del corpo, e conseguentemente consentire di produrre diversi tipi di elaborazione da comunicare ad altri: testi, copioni, filmati, e-book, scenari, canti, danze, esperimenti e strumenti per la rilevazione di dati, ….

Ma questo è un aspetto della proposta. Il nucleo essenziale della stessa  è costituito dalla messa a punto delle pratiche di istituzionalizzazione delle classi aperte: le procedure che consentono ad una scuola, una classe, di organizzarsi attorno a temi comuni su cui operino gruppi mobili. Quindi non una scuola come sommatoria di classi. Dobbiamo mettere a punto un arsenale di strumenti, un bazar, per l’uscita dall’unità rigida e immodificabile della classe (sempre gli stessi compagni e insegnanti, le stesse attività rivolte a tutti). All’assemblea laboratorio MCE degli anni 80-90 venivano organizzate le ‘case del sapere’, ogni gruppo nazionale proponeva attività storiche, linguistiche, antropologiche, scientifiche, teatrali, e i gruppi ruotavano. Dei seminari interdisciplinari affrontavano la stessa problematica secondo chiavi di lettura desunte dai diversi apparati disciplinari. Anche nella successiva proposta  delle Scuole estive (anni 90-2000) ai laboratori seguivano momenti di scambio fra i gruppi e seminari di riflessione pedagogica in cui i partecipanti dei diversi laboratori si mescolavano. Anche nell’attuale proposta formativa dei ‘Cantieri’ nei word cafè si scambiano e comunicano le esperienze. In tutte queste situazioni formative ogni partecipante non compie un unico percorso dall’inizio alla fine e i percorsi non sono gli stessi per tutti, mentre a tutti è offerta un’attività che ha analoghe caratteristiche formative.

Uno schema analogo non può essere pensato per l’organizzazione di percorsi scolastici? Le giornate di formazione costituiscono una simulazione dell’esperienza educativa che anche a scuola può essere progettata: uno sfondo, delle tecniche e degli stimoli aperti, la rielaborazione e la riflessione. 

Nel contempo è necessario rinforzare l’idea che la classe stessa è in primis un laboratorio; la classe non scompare, ma dev’essere il punto di partenza e di arrivo, di sintesi della progettualità (piani di lavoro, ricerche tematiche, tecniche, rivisitazione strumenti di base per rinforzo a piccoli gruppi, attività individuali).

Ci proponiamo quindi di raccogliere esemplificazioni su come declinare la proposta dentro la scuola e le nostre classi. È questo il senso del secondo passo. 

Un gruppo di insegnanti che intenda sperimentare questa formula ha bisogno di scandire le attività dell’anno in modo coordinato, condividendo le attività fondamentali e quelle di integrazione e arricchimento: impostando assieme il lavoro da svolgere nell’arco dell’anno.

Ancora Daria Ridolfi: “Per condurre un lavoro qualificato e gratificante per otto ore al giorno, per  poter avere incontri interclasse di piccoli gruppi di bambini, per poter proporre un’ampia gamma di attività, è necessario un alto numero di insegnanti; probabilmente una media di due per classe è appena sufficiente se si considera che la maggioranza delle classi della scuola dell’obbligo è costituita da non meno di 25 alunni ciascuna. Quel che ci pare interessante è che la titolarità, almeno nella prassi pedagogica-didattica, possa essere superata dalle classi aperte. Nel gruppo delle classi parallele gli insegnanti possono ruotare con compiti specifici diversi anche se l’unitarietà dell’insegnamento deve essere salvaguardata al massimo. Non si tratta di fare dei maestri degli specialisti (nemmeno i professori della scuola media inferiore vanno incoraggiati ad essere professionalmente per la monocultura), si tratta di ergere una struttura in cui i pregi e i difetti di ogni insegnante -o meglio, le competenze, gli interessi, il modo di mettersi in rapporto con gli altri-siano distribuiti tra i bambini in una giusta e buona alternanza, in una proficua e corretta compenetrazione. Importantissimo è curare che ogni attività non sia voluta dal caso, ma che si inserisca profondamente nella dinamica della giornata di scuola. […] La scuola a tempo pieno acquista fisionomia di scuola vera, secondo l’ottica MCE, se è riuscita a far sì che ogni insegnante esca dal suo secolare isolamento e si metta a lavorare con i colleghi nella realizzazione di un piano di lavoro che spinga verso l’uso alternativo degli spazi, degli strumenti, del tempo, cioè di dare ad ogni scolaro tutte le occasioni educative per crescere, esprimersi, ricercare, ecc.[…] La scuola è aperta se non soltanto si apre al proprio interno con le attività di interclasse, con il superamento del modello-maestro come unico (o uno dei pochi) adulti con cui viene a contatto il bimbo durante le ore di scuola, ma anche se tiene in considerazione, per servirsene, le strutture che la città è in grado di offrire: impianti sportivi, musei, gallerie, teatri, cinematografi, giardini zoologici, officine dei centri professionali, laboratori degli artigiani, ecc. […]I valori pedagogici che stanno alla base di tale scelta sono evidenti: si tratta di permettere ai ragazzi di essere presenti nei quartieri, nella città, nel mondo del lavoro, della cultura per far sì che la scuola sia veramente vita e non soltanto preparazione alla  vita. Nelle strutture cittadine, che l’uso fa diventare educanti, è possibile trovare stimoli culturali ed esistenziali importantissimi che la scuola in sé, nel chiuso delle pareti, anche se con una buona attrezzatura a disposizione, non consente.

Il compito del gruppo è la ricerca, ora, di strumenti e oggetti organizzatori delle attività. Vasto programma. 

Gruppo di Ricerca MCE sul passo “Classi aperte e laboratori”