Quale educazione civica?

QUALE EDUCAZIONE CIVICA

È più grave trovare un portafoglio pieno di soldi e non restituirlo o rubare 5 € dal borsellino della mamma? È più grave spingere un vigile d’argento che sorveglia i bambini nello scuolabus facendolo cadere o provocare un allagamento della scuola per giocare con i rubinetti nelle toilettes? Piaget poneva a singoli bambini nel corso di colloqui clinici domande di questo tipo nella sua indagine sulla formazione del giudizio morale, dell’eteronomia e dell’autonomia. Distinguendo fra l’intenzionalità o la involontarietà delle proprie azioni e analizzando le modalità della progressiva acquisizione di una   percezione delle conseguenze dei propri atti attraverso il decentramento del punto di vista. 

La ricerca piagetiana però non teneva conto dei contesti sociorelazionali in cui si formano gli atteggiamenti sociali e le convinzioni etiche attraverso l’interiorizzazione di norme, routines, copioni sociali. Per produrre cambiamento anche su questo piano, l’azione educativa non può consistere nell’impartire nozioni di “educazione civica” ma intervenire a questo livello assumendosi il compito di  provocare problematizzazione del proprio stile di vita, ampliamento della percezione, senso di responsabilità sociale, cura del bene comune. E questo non si ottiene con lezioni di un’ora settimanale ma con una profonda azione didattica sul gruppo classe nelle sue modalità comunicative e nelle forme di apprendimento attraverso esperienze.   

Scrive Freinet nell’invariante n. 13 “Le acquisizioni non si fanno  tramite lo studio delle regole e delle leggi, ma con l’esperienza” soprattutto in un ambito così delicato come la costruzione di atteggiamenti, orientamenti verso la realtà, valori e scelte di vita. 

È illusorio pensare di modificare comportamenti e costruire senso di responsabilità, disciplina personale e cura del bene comune attraverso una disciplina, quando è l’intera esperienza scolastica che deve funzionare come un contesto democratico proponendo orientamenti verso la realtà, cambiamento di atteggiamenti, valori.

Ancora Freinet nell’invariante n.  27: “La democrazia di domani si prepara con la democrazia a scuola. Un regime autoritario a scuola non può essere formatore di cittadini democratici.“; e, nell’invariante n. 24:  “La vita nuova della scuola presuppone la cooperazione scolastica, cioè la gestione da parte degli utenti, educatori compresi, della vita e del lavoro scolastico.”

È questa la condizione per un’autentica educazione di cittadine e cittadini: non un insegnamento esterno ma un’ecologia delle relazioni e delle attività, la condivisione di spazi tempi attività in cui si sperimenti la condizione di soggetti istituenti le proprie regole, e non istituiti. La classe e la scuola possono cioè essere luoghi di espressione, di coinvolgimento nelle scelte, di partecipazione democratica. 

A volte nell’apprendimento dell’esercizio di cittadinanza si possono  anche progettare attività che siano di esempio anche ad adulti: pensiamo alle ‘multe morali’ che diversi consigli dei ragazzi (palestra di democrazia) su proposta di F. Tonucci e del laboratorio “Città dei bambini e delle bambine” del CNR  “infliggono” ad automobilisti trasgressivi. Più che l’esempio, il modello, serve un coinvolgimento diretto, un mettersi alla prova.  

La miglior “lezione” di educazione civica consiste nell’assumersi una responsabilità condivisa, nel progettare insieme, nel realizzare un percorso di buone pratiche-difesa di una situazione, attività di miglioramento di un contesto, collaborazione con gruppi e volontari per manutenere uno spazio, aiutarsi reciprocamente, cooperare per il successo di tutti. 

Giancarlo Cavinato