Educazione sconfinata: verso un orizzonte di solidarietà attiva

Abbiamo chiesto a Mohamed Ambrosini, Peace Education Advisor dell’associazione di volontariato  “Un ponte Per”, di raccontarci come è nata la richiesta al Movimento di Cooperazione Educativa di collaborazione al  progetto “Bridging Communities”. 

Il progetto Bridging Communities, si concentra sulle aree della Piana di Ninive occupate per 3 anni da Daesh che hanno subito le conseguenze della campagna militare per liberarla. Qui “Un ponte per…” lavora da prima di quella guerra, e da lì abbiamo dovuto fuggire anche noi, quando è scoppiata. Scene che riviviamo da anni, lavorando in luoghi attraversati dai conflitti. In 8 mesi di lavori, sono state ricostruite 7 scuole, più di 3.000 bambine e bambini sono tornati di nuovo tra i banchi. Tra murales, centri estivi e alberi da piantare, il 2019 è stato un anno di ri-creazione. Le scuole sono state inaugurate ufficialmente nella settimana di novembre in cui si è celebrato il 30mo anniversario della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia. Per riparare ciò che la guerra distrugge ci vogliono anni. Si comincia da mura in macerie, ma si deve proseguire con tessuti sociali devastati e fiducia andata in pezzi. Per quello, occorre molto più tempo.

 Così abbiamo deciso di ripartire dai bambini e dalle bambine, mettere al centro l’educazione con lo sguardo rivolto al presente e al futuro, e la speranza di non dover più assistere agli orrori della guerra. 

Il 2020 però si è aperto con la minaccia di una nuova guerra, con la mossa scellerata degli USA di uccidere un esponente iraniano di spicco per le questioni mediorientali. Rabbia e tristezza sono le prime sensazioni provate pensando a tutti quei bambini e tutte quelle bambine che abbiamo incontrato e alla nuova generazione che tanto ha bisogno di poter crescere serenamente e appropriarsi del proprio diritto a vivere un’infanzia felice. E’ a loro che vanno i nostri primi pensieri, e proprio come crediamo che la scuola dovrebbe essere il luogo in cui si costruisce e si sperimenta la democrazia, mettendo al centro i bambini e le bambine, vorremmo che la narrazione di quello che sta accadendo in questi primi giorni dell’anno in Iraq, potesse tener conto di loro, come attori e attrici attivi in questo, che sembra essere un capriccio tra adulti che non hanno ancora capito che la guerra non è un gioco.

Pensando a loro troviamo la forza di andare avanti con speranza. Continueremo a sostenere  insegnanti e presidi nell’apertura a differenti metodologie di insegnamento e una reale cooperazione fra tutti gli attori e le attrici che hanno la responsabilità dell’educazione dei bambini e delle bambine. Abbiamo pensato che le nostre competenze sul campo non fossero abbastanza e che questo lavoro potesse servire a costruire nuovi ponti fra realtà con cui condividiamo principi e valori. Non potevamo quindi non pensare all’MCE che seguiamo da anni e di cui apprezziamo il grande contributo che porta nel mondo dell’educazione, sia dal punto di vista pedagogico che da quello dell’attivismo dal basso, quello popolare, così vicino alla nostra storia di organizzazione che nasce dal Movimento Pacifista Italiano agli inizi degli anni 90’, per dire no alla guerra e affermare l’importanza della solidarietà internazionale.

Costruire una società più democratica, libera e aperta al cambiamento a partire dall’educazione è una sfida ardua in questo paese, non perchè non ce ne sia il desiderio da parte della società civile ma piuttosto per i 30 anni di conflitti che l’hanno attraversata e che hanno immancabilmente portato a sfiducia, chiusura tra le persone e spesso spento la speranza nei loro cuori.

Questa speranza però non deve spegnersi del tutto e alimentarla è una sfida che non possiamo rifiutare, così abbiamo deciso di tentare e abbiamo già visto germogliare i “semi” che abbiamo piantato attraverso i corsi di formazioni e i dialoghi aperti con la comunità e soprattutto con insegnanti e presidi che abbiamo incontrato.

Per questo il prossimo passo sarà portare una delegazione MCE in Iraq e far incontrare loro insegnanti e presidi per continuare il dialogo e realizzare un corso di formazione.

Poter portare l’MCE in Iraq, è come un sogno che si realizza. Abbiamo mosso i primi passi già da un anno ormai,  attraverso un video che è stato realizzato da Luca Randazzo sui 4 Passi per la Pedagogia dell’Emancipazione e grazie a una lettera (tradotta in arabo) rivolta agli insegnanti da Memi Campana, in cui parla dell’MCE, di Céléstine Freinet, don Lorenzo Milani e Paulo Freire.
Tre grandi pensatori che ci hanno insegnato che è proprio dopo la guerra, proprio nei contesti più difficili, che diventa fondamentale rimettere al centro i bambini e le bambine, ed è proprio grazie all’educazione che si può ricostruire una società e riportare quella speranza che serve per non smettere di credere e lottare per il rispetto dei Diritti Umani e della dignità della vita.

Mohamed Ambrosini