Campagna voti a perdere: testimonianze

Abbiamo chiesto ad alcuni rappresentanti del mondo della scuola, dell’università e della ricerca, del mondo politico e culturale di esprimere in poche righe le ragioni della loro adesione alla campagna “Voti a perdere”. Vi invitiamo a leggere e a scrivere eventualmente i vostri commenti.

Enrico Bottero “La valutazione a scuola”
La valutazione a scuola è una necessità di cui si può fare un pessimo uso. Ad esempio, quando diventa febbrile, un’ossessione classificatoria che schiaccia i ragazzi o quando, a livello istituzionale, si trasforma in un’arma al servizio della normalizzazione dei mezzi di insegnamento/apprendimento e di pilotaggio del sistema in un’ottica tecnico-manageriale. Dunque, gli insegnanti dovrebbero occuparsi di valutazione prima che una valutazione servile si occupi di loro. Come? Guardando alla valutazione come a un’azione formativa di accompagnamento, di promozione e di autoregolazione. Eliminare il voto significa creare le condizioni per realizzare questa valutazione pedagogica, per imparare a diventare migliori di se stessi, non migliori degli altri. Impegniamoci per realizzare questo primo passo. Lo dobbiamo ai ragazzi di oggi, affinché domani possano costruire una società più solidale.
Enrico Bottero, ex dirigente scolastico, si occupa di ricerca educativa e didattica

Andrea Canevaro “Valutare per valorizzare”
Aderendo alla campagna ‘Voti a perdere’, rifletto. Apprezzare vuol dire, in fin dei conti, dare un prezzo. Come? Non certo valutando elementi diversi con un solo parametro. L’elasticità può essere richiesta a un elastico. La stessa elasticità non è richiesta a una putrella d’acciaio, a cui può essere richiesta una qualche flessibilità. Una putrella d’acciaio troppo rigida può compromettere la stabilità di una costruzione. Riferiamoci non tanto a putrelle o elastici ma a donne e uomini che fanno gli insegnanti.
Andrea Canevaro, professore emerito dell’Università di Bologna

Mario Ambel “L’ipocrisia normativa
La valutazione numerica sgretola ogni sforzo progettuale e didattico, soprattutto nelle scuole del primo ciclo, ma non solo, poiché ogni processo direttamente derivante dai bisogni degli studenti si svuota se viene ancorato ad una scala di misure piuttosto che a ciò che veramente conta: l’attivazione di intelligenza, emotività, fatica all’interno di azioni didattiche scelte dentro i curricoli delle scuole.
I valori numerici sono entità estranee al processo di insegnamento-apprendimento, giacché il processo stesso non è fatto di unità discrete, ma di un percorso articolato e complesso, che acquista significato concreto solo se viene descritto. 
La valenza formativa della valutazione, evocata dallo stesso decreto 62/2017, si rinviene solo dentro il discorso didattico e pedagogico e ad esso è organica, e si attua attraverso un approccio descrittivo e proattivo; senza questo, qualsiasi strumento misurativo, per quanto flessibile e raffinato, non serve. Anzi è dannoso.
Constatiamo invece la perdurante ipocrisia normativa: tutta la documentazione e la letteratura pedagogica su cui anche in questa tornata dovrebbero prepararsi al concorso i futuri docenti confligge giustamente con la banale protervia dei voti; quindi per essere messi in cattedra i futuri docenti dovranno esporre teorie e argomentazioni che il Ministero non ha il coraggio e la coerenza di confermare, operando perché venga abolito il voto numerico e  rivisto il DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 62.
Mario Ambel, CIDI, direttore della Rivista ‘Insegnare’

Elisabetta Nigris “Ricordi indelebili”
Per lei non potevo essere altro che un 5; infatti più di una volta mi ha ricordato che non valevo più di 5”,“Eravamo chiamati alla lavagna….veniva dato un  voto e commentato ad alta voce. Mi faceva sentire sempre inadeguata, giudicata e a volte derisa”: questi sono solo alcuni dei racconti che studenti appena usciti dal liceo riportano come ricordo per descrivere il modo in cui si valutava a scuola. Ricordi che lasciano una traccia indelebile di sé come soggetti inadeguati, che non ce la faranno mai e che possono essere ‘educati’solo attraverso l’umiliazione e la denigrazione. Ricordi che rimandano ad una idea di valutazione che, se non rielaborata, viene tramandata da una generazione all’altra di insegnanti e che si traduce in prassi difficili da modificare. Ricordi che ruotano intorno ad un unico “oggetto”, ad un unico strumento valutativo che è il voto, con cui si finisce per “etichettare”, spesso per sempre, un soggetto nel pieno del suo sviluppo e della costruzione della propria identità come studente e come persona: un numero in cui si ingabbia ogni possibilità di pensare al percorso di apprendimento, che invece costituisce un processo generalmente complesso, più o meno tratteggiato, prismatico e diversificato per ogni singolo alunno, per ogni gruppo di alunni. A fianco a questa modalità di valutare, con la ricerca e l’esperienza nazionale e internazionale all’interno delle scuole, sta crescendo la coscienza di un modo diverso di valutare, che sia – come ci indicano gli studi più aggiornati – autentica, condivisa, trasparente e prismatica (Wiggins, Mariani): un modo alternativo al voto, che va difeso, studiato con attenzione e sostenuto con grande cura. 
Elisabetta Nigris, professore Ordinario presso l’Università di Milano Bicocca, dove insegna “Progettazione didattica e valutazione” nel corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria

Gennaro Lopez “L’essere umano non è misurabile”
Rifiuto l’idea che l’essere umano – per sua natura complesso – possa essere ridotto a “oggetto misurabile”. Questa idea, che sta alla base della valutazione quantitativa (il voto numerico), finisce per trasferire dalla scuola alla società un atteggiamento che rende marginale, irrilevante tutto quanto della persona umana risulti “non misurabile” (e però “incommensurabile”). L’alunno, lo studente viene educato alla visione di un mondo dominato da competitività e classificazioni gerarchiche: quanto di più lontano da un’autentica democrazia. In una scuola che assume a sistema la valutazione quantitativa (il voto numerico), la relazione educativa rischia di ridursi al rapporto tra giudice e giudicato, creando nei fatti un’opposizione – e dunque un conflitto – pedagogicamente e culturalmente inaccettabile, tra docente e alunno/studente. Per queste ragioni aderisco e sostengo con convinzione la Campagna “Voti a perdere” promossa da MCE. È necessario e urgente abolire il voto numerico sostituendolo con una valutazione “narrativa”.
Gennaro Lopez, presidente del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Associazione “Proteo Fare Sapere”.

Davide Tamagnini “Non siamo un voto”
“Abbiamo imparato che non siamo un voto e possiamo sentirci liberi di sbagliare e avere sempre la possibilità di migliorare.” questa è una delle cose che i miei studenti hanno detto di aver imparato grazie alla scuola. La valutazione allora può dare questa possibilità: osservare e raccontare i processi e i risultati ottenuti con lo sguardo sempre rivolto al potenziale inedito da sostenere. Diamo a ciascuno la possibilità di scrivere la sua storia e noi, firmando questa petizione, proviamo a dare un diverso futuro alla scuola italiana.
Davide Tamagnini, autore dei libri “Si può fare” e “Continuerò a sognarvi grandi” che raccontano le sue esperienze come insegnante di scuola primaria in provincia di Novara.