Ancora una nuova riapertura!

Di fronte all’aumento dei contagi da Covid19, il Consiglio dei Ministri ha varato nuove norme per la ripresa delle attività scolastiche e la gestione della quarantena di ogni ordine e grado.
Per lo 0/6 con un solo caso di positività è stata prevista la sospensione delle attività per 10 giorni. Mentre nella scuola primaria in presenza di 2 o più casi di positività scatta la didattica a distanza; con un solo caso sarà sufficiente l’auto sorveglianza e un test dopo 5 giorni.
Nella scuola secondaria, invece, è in presenza di due casi di positività che saranno attivate l’auto sorveglianza e l’uso di mascherine FFP2. Mentre, se i casi sono  tre o più, per gli studenti e le studentesse vaccinati-e  sarà sufficiente l’auto sorveglianza e continueranno con la didattica in presenza, quanti non sono vaccinati invece dovranno restare a casa e fare scuola in DAD per la durata della quarantena: dieci giorni.

Era veramente prioritario garantire  la scuola in presenza se questo comporterà il lasciare a casa  quelli che non sono vaccinati? È possibile barattare la sicurezza sanitaria con soluzioni che non mettono al riparo i minori da ogni forma di discriminazione, soprattutto se vissuta a scuola, il luogo che noi vogliamo accogliente e inclusivo?
Ce la faranno le scuole, fortemente provate da due anni di lavoro in condizioni difficilissime, a gestire quotidianamente l’adozione di misure diverse tra ordini di scuola, la raccolta costante di informazioni sanitarie tra alunni e famiglie (i casi di positività, lo stato di vaccinazione) in una situazione tra l’altro in cui le positività sono in forte aumento, le ASL non sono più in grado di assicurare il tracciamento, le classi sono rimaste pollaio poiché si è abbandonata all’apertura dell’anno scolastico la misura dello sdoppiamento per garantire il distanziamento?
Sono domande che ci interrogano fortemente e che pongono dubbi sui principi che continuano a determinare da due anni la costruzione delle risposte politiche, che, seppure in presenza di una situazione sanitaria difficilissima, incerta e complessa, sembrano porre in secondo piano la tutela dei diritti dei minori e ancora una volta fanno leva principalmente sulla scuola e sulla responsabilità dei suoi lavoratori nel gestire una situazione che è al limite dell’ingestibile.
Ci sarebbe bisogno di “un bando di idee”, di un veloce dibattito pubblico, sottratto alle logiche dell’interesse partitico e dei corporativismi, per dare concretezza alla scuola come priorità vera per il Paese e affrontare un’emergenza sanitaria che si prospetta essere ancora lunga.