PAUL LE BOHEC, maestro Freinet

‘E’ a partire da se stessi e dagli elementi della propria vita che si può consolidare la propria comprensione del mondo. La vita degli altri può costituire un utile specchio per riflettercisi. Bisogna che esploriamo i contesti del nostro passato per situarci meglio nel nostro presente. Ci occorre uno sguardo approfondito per discernere meglio elementi che non sono immediatamente coglibili. In molte professioni, l’adulto è uno ‘strumento’ di fondamentale importanza. Bisogna quindi perfezionare tale strumento cercando di chiarire il massimo possibile su di noi. Saremo, così, molto più disponibili.

Chi segue le tracce di Freinet si sforza sempre di partire dall’esperienza reale, dalla vita stessa. E’ a partire dai fatti, dagli avvenimenti e dagli interrogativi che essi suscitano negli individui- e dalle ipotesi che non mancano di scaturire nei gruppi di ricerca di cui essi fanno parte- che possono realizzarsi le acquisizioni più solide, le migliori integrazioni di un sapere.’

Così Paul Le Bohec presenta il suo lavoro sulle co-biografie nella formazione ( Documents de l’Educateur’, P.E.M.F., Cannes, 1985), uno dei campi più affascinanti del suo mestiere di educatore:la raccolta in gruppo di biografie personali cercando di individuare i debiti familiari e il progetto di vita di ognuno quale fonte della propria e dell’altrui formazione.

A 19 anni, racconta Paul, mi sono trovato a fare il maestro, un mestiere di cui non avevo alcuna cognizione. All’inizio, solo potevo contare sulle mie risorse per costruirmi una pedagogia, basandomi su un’idea trovata su una rivista. Ma dopo cinque anni di tentativi, avvenne l’incontro con l’autore dell’articolo,C. Freinet, e l’adesione al suo movimento.
Ma la personalità prorompente e originale di Le Bohec mal si adatta a farne un seguace entusiasta. Dopo vent’anni di sperimentazioni, si sente in grado di riprendere la propria autonomia, affrontando ambiti del sapere ancora inesplorati. Paul definisce ‘ricerche-invenzioni’ le proposte che viene elaborando. Incuriosito dalle ragioni del suo forte investimento in ambito pedagogico, viene così analizzando la sua traiettoria di vita e quella di alcuni allievi alla facoltà  di scienze della formazione di Rennes dove nel frattempo è stato incaricato di insegnare a futuri insegnanti.
Si accorge allora che alcuni allievi, che aveva ritenuto carenti o privi di risorse, erano in realtà bloccati, ‘ingombri’ di condizionamenti.
Trova nella pedagogia dell’espressione-creazione, una delle ‘invarianti’ di Freinet,  scarsamente presente nella consapevolezza dei suoi seguaci, un modi di fare pulizia interiore così da rendere i soggetti capaci di conoscenza.
Citando Pierre Boulez,  Paul afferma che ‘l’espressione presuppone un detonatore. Occorrono un esplosivo e una miccia, e un detonatore per accenderla.’
L’esplosivo, dice Paul nella sua ultima opera, l’autobiografia professionale ‘La scuola, riparatrice dei destini?’ ( ed..L’Harmattan, Paris, 2007), esiste in ognuno di noi fin dagli esordi nella vita, si costituisce attraverso gli incidenti e gli accidenti fin dall’infanzia. Ogni creazione di una nuova tecnica pedagogica costutisce un’ulteriore possibile miccia.
L’insegnamento dovrebbe consentire ad ognuno di costruirsi una cultura personale, in base ai suoi dati di partenza, grazie all’espressione-creazione e nell’ambito di un gruppo positivo.
Così Paul si occupa di
scrittura collettiva
espressione-creazione matematica
testi liberi… liberi
conquista del linguaggio scritto attraverso il metodo naturale
espressione grafica, disegno
espressione musicale
espressione orale
poesia
tentativo sperimentale
…e molto altro ancora

Dagli anni ’70 in poi ha condotto innumerevoli laboratori, stages, incontri, seminari in Francia e in altri paesi; in Italia la sua presenza è stata particolarmente significativa dalla metà degli anni ’80 fino a tutti gli anni ’90, un po’ in ogni regione Paul ha lasciato traccia delle sue proposte attraverso cicli di seminari organizzati dal M.C.E.

Particolarmente affascinante l’idea di mettere gli adulti in situazione di apprendimento analoga a quella in cui si vengono a trovare gli alunni nell’affrontare un nuovo codice, un percorso di simbolizzazione, una disciplina nuova dall’apparato particolarmente formale. Sempre proponendo di esplorare assieme le possibili interpretazioni dei messaggi e delle creazioni di ognuno, ed evidenziando nel contempo l’apporto offerto dal clima e dalle dinamiche di gruppo nel co-costruire significati.

Con semplicità ed umiltà, ma rifuggendo dalle lusinghe degli ‘accademici’, ritenuti pericolosi se gelosamente aggrappati al proprio personale sapere formale.
Caro Paul, quanto ci hai insegnato! Ti ricordo alla R.I.D.E.F. di Torino un pomeriggio in cui dovevi tenere un laboratorio breve sul metodo naturale di manualità. Giravi per i giardini in salopette spingendo una carriola carica di attrezzi di tutti i tipi, sorridendo e facendo l’occhiolino a quanti incontravi. Sembravi Marcel Marceau in una delle sue performances. Un’immagine della tua fantasia e della tua operosità (quanto ci facevi ridere quando raccontavi dei tuoi ‘tentativi sperimentali’ per lavorare con il gesso e ti veniva una pastella liquida inutilizzabile: l’esempio ti serviva per illustrare la ‘spirale della conoscenza’: vedere, osservare; provare; modellizzare; tornare a osservare; riprovare; in una ripetizione di volta in volta più consapevole, nell’intreccio e nell’interscambio fra pratica e teoria).

Ci lasci con un grande rimpianto: con te se ne va uno degli ultimi ‘grandi testimoni’ di una stagione felice per la pedagogia popolare e la storia della scuola pubblica, dell’inclusione e della ricchezza di offerte educative.

G. Cavinato

I disegni di Patrick   Un libro di Paul Le Bohec

Paul est partì  Un ricordo di Paul Le Bohec