Editoriale News Febbraio 2020 a cura di Anna D’Auria
“La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia…”
Questo l’incipit della lettera che un preside di un liceo di Milano ha inviato alle sue studentesse e studenti di uno degli Istituti di Milano chiusi per il coronavirus (1) invitandoli a mantenere il sangue freddo, ad usare il pensiero razionale per “…preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità. Se non riusciremo a farlo la peste avrà vinto davvero”.
È un timore più che fondato nei giorni in cui l’emergenza corona virus sta paralizzando tante scuole e tante città. La lettera del Preside coglie i nodi fondamentali del modo di pensare alla scuola come un luogo fondamentale della vita societaria.
“La nostra è una di quelle istituzioni che con i suoi ritmi ed i suoi riti segna lo scorrere del tempo e l’ordinato svolgersi del vivere civile, non a caso la chiusura forzata delle scuole è qualcosa cui le autorità ricorrono in casi rari e veramente eccezionali”.
Ma la scuola è anche il luogo dell’apprendimento. Un luogo aperto e vivo dove si realizza l’impresa pedagogica: costruire le condizioni per l’apprendimento per tutte/i, per permettere ad ognuno di fare esperienza di dignità, riconoscimento, valorizzazione, co-costruzione delle conoscenze e per praticare la cooperazione.
Ma, a quale apprendimento pensano quanti trovano come soluzione soddisfacente il fare scuola a distanza? Certo questa modalità potrebbe essere in parte risolutiva dell’emergenza data dalla chiusura delle scuole. Ma senza troppi entusiasmi e cogliendone apertamente i gravi limiti.
Quante sono le famiglie attrezzate a usare internet e che possiedono dispositivi informatici a casa? Quanti gli insegnanti formati in modo adeguato alle tecnologie digitali e le scuole attrezzate per fare scuola a distanza? La marginalità digitale resta consistente in Italia e la fiducia nei webinar deve fare i conti con il rischio reale che alcuni studenti siano tagliati fuori dalla didattica.
Dai dati ISTAT del 2019 emerge che, per quanto il 76,1% delle famiglie disponga di un accesso a Internet, permangono ampie differenze tra le regioni, con un vantaggio del Centro e del Nord Italia (2).
La didattica digitale a queste condizioni non farebbe altro che accentuare disparità e svantaggiare scuole e soggetti dei territori più depressi del Paese. La diffusione degli smartphone fra i ragazzi può in parte supplire, per certe fasce di età, a queste carenze ma i problemi sono ben altri.
C’è infatti una domanda cruciale rispetto all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nell’insegnamento che va oltre l’emergenza attuale: è possibile l’apprendimento in assenza di relazionalità con l’insegnante, con i pari, con il contesto più generale della scuola? La funzione di mediazione svolta dall’insegnante, tra individuo che apprende e conoscenze, non è realizzabile se non nell’interazione diretta e nella ri-progettazione continua dei percorsi sulla base delle condivisioni che si realizzano in classe. Il webinar, per i limiti oggettivi posti dal mezzo, non può che tradursi in una lezione frontale, come succede spesso anche con le LIM; in assenza di una formazione degli insegnanti che mostri loro come un altro modo di insegnare sia possibile ci si può aspettare solo un rinforzo della didattica trasmissiva. Molti pedagogisti, neuroscienziati affermano che l’apprendimento è esplorazione, scoperta, è costruzione di conoscenza attraverso esperienze di senso, cariche di significati, che sono essenzialmente significati relazionali. E se questo elemento è fondamentale nelle bambine e nei bambini, non è assolutamente trascurabile nelle ragazze e nei ragazzi. Anche in loro il desiderio di conoscenza, e quindi la motivazione all’apprendimento, sono profondamente interconnessi al desiderio di relazione, di co-costruzione dei saperi, di legami e socialità. Quale apprendimento si immagina possibile senza l’interazione attiva e dinamica con l’ambiente sociale, emotivo, fisico?
La didattica digitale, così come la didattica trasmissiva o quella basata su un uso “invasivo” di schede e fotocopie, favorisce “prestazioni rituali, meccaniche o convenzionali, senza promuovere la comprensione autentica” (3). Quanto si impara con queste didattiche può, in alcuni casi forse troppi, servire a superare esami, ad andare avanti nel “programma”, ma non è utile quando, con quelle stesse conoscenze, il soggetto deve interpretare e dare spiegazioni di fatti osservati, risolvere problemi, trasferire quanto appreso in contesti diversi.
Presuppone da parte degli insegnanti un accontentarsi di ‘risposte corrette’ che però non producono vero apprendimento. Il Prof. M. Baldacci, proiettando sul curricolo i livelli logici dell’apprendimento di Bateson, distingue tra curricolo 1 -relativo ai risultati diretti e immediati delle singole discipline- e curricolo 2 -concernente invece gli effetti formativi collaterali e di lungo termine della scuola, nei termini di mentalità, stili di pensiero, competenze. “Come dire: da un lato la testa piena, dall’altro la testa ben fatta (Morin 2000). […] non si dà educazione intellettuale al di fuori dei processi d’istruzione; essa è annidata in tali processi: è il modo di fare istruzione che produce educazione intellettuale, e quest’ultima risulta di qualità solo se tale modo è di tenore adeguato” (4).
Quindi non c’è da entusiasmarsi rispetto alla possibilità che la didattica a distanza, soluzione prospettata nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 25 febbraio 2020 e recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 (5), possa compensare i giorni persi di scuola. Restano comunque tempi di apprendimento persi.
La didattica digitale, la classe virtuale, anche se ad alti livelli di strutturazione dei percorsi e dell’interazione con l’insegnante, non possono in alcun modo sostituire, compensare e garantire l’apprendimento “vivo” realizzato a scuola.
“Resistere” a questa semplificazione è importante quanto resistere al virus.
Anna D’Auria
Segretaria Nazionale del MCE
Note
(1) Lettera del preside Domenico Squillace del liceo scientifico Alessandro Volta di Milano http://www.mce-fimem.it/niente-di-nuovo-sotto-il-sole/
(2) https://www.istat.it/it/files/2019/12/Cittadini-e-ICT-2019.pdf
(3) Educare al comprendere, H. Gardner Saggi Feltrinelli, Milano 2005, pag. 160
(4) La scuola al bivio, M. Baldacci, Franco Angeli, Milano 2019, pag. 204
(5) https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2020-02-25&atto.codiceRedazionale=20A01278&elenco30giorni=false
Buon giorno
condivido le riflessioni, avvertendo i rischi di facili scorciatoie che la situazione della didattica a distanza crea; rischi che si trascineranno anche nel dopo virus. Darsi da fare ci pacifica mentre dovremmo approfittare di questo tempo per riflettere su dove stiamo andando nella nostra corsa frenetica, dove abbiamo trascinato le nuove generazioni.
Grazie
paola massaro
Pinuccia Samek
Sono d’accordo sulla cautela, non sul rifiuto.
L’innovazione tecnologica va studiata, ripensata e sfruttata rispetto agli obiettivi che ci diamo. Si presta infatti a ribadire la situazione frontale, ma anche all’organizzazione di piccoli gruppi che discutono (a volte più liberamente che in presenza se p.es. si sceglie di scrivere). Certo bisogna essere consapevoli delle caratteristiche di ogni scelta. Scrivere mette in moto processi diversi che parlare, ma la relazione ha sempre un ruolo importante che deve essere giocato
Insomma, giusto non infatuarsi, ma non rinunciamo alle possibilità. Freinet insegna…
Serio invece è il problema delle attrezzature differenziate.
Grazie. Condivido in pieno.
Un’analisi profonda e competente che ci aiuta ad avere gli occhi aperti su un argomento cosi’ importante.
Bravissima. Una analisi precisa che fa riflettere. Non si devono accogliere proposte che sembrano d’avanguardia senza valutare gli aspetti di ricaduta tanto più se investono didattica ed apprendimento
Condivido totalmente